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venerdì 22 luglio 2016

IL GREST DI PINO RABITA ED OSVALDO BRUGNONE NELLA CACCIA AL TESORO SULLA STORIA MEDIOEVALE PROPINATO DALL'ARCHEO CLUB


Grest sulla storia medioevale



I GRUPPI
 IN ATTIVITA' DI LABORATORIO 

PIETRAPERZIA. “ArcheoGrest, la caccia al tesoro”. È questo il titolo della manifestazione organizzata dalla sezione pietrina dell’Archeoclub in collaborazione con il Grest interparrocchiale “Per di qua…” delle parrocchie Chiesa Madre e Madonna delle Grazie. I 140 ragazzi, guidati dai circa 25 animatori si sono ritrovati, mercoledì 20 luglio alle ore 18, in piazza Vittorio Emanuele per trascorrere insieme ai soci dell’Archeoclub un pomeriggio all’insegna della cultura e della storia locale. In particolare l’attenzione si è focalizzata sul periodo medievale della cittadina di Pietraperzia, della storia e delle leggende legate alla vita del castello Barresi. Ognuno dei partecipanti, attraverso il gioco, ha potuto imparare qualcosa.
Dopo una introduzione del Segretario dell’Archeoclub Gianluca Micciché, hanno avuto inizio i sette giochi che hanno coinvolto l’intera piazza; giochi quasi tutti inerenti la scoperta dello stile di vita che si svolgeva all’interno di un castello medievale. L’ultimo gioco riguardava la caccia alle cosiddette “tre donne marcia e bbinni”; si tratta di una delle più note leggende conosciute in paese. Questo racconto, tra storia e leggenda, è il caso proprio di dire “ si cunta e ssi rraccunta…”. La storia di queste tre sventurate donne, a dire della studiosa Veronica Riccobene, fu un fatto realmente accaduto durante il regno di Federico II di Svevia (1194-1250), ma si svolse a Palermo e non a Pietraperzia. Ma un illustre cittadino pietrino, Antonio Tortorici, raccontò così il fatto delle “tri donni marcia e binni”: “A Pietraperzia cc’è un castiddu anticu, ca ’u fabbricaru li Saracini. Sutta lu castiddu cci sunu tanti cammari quantu li jorna di l’annu. Na vota tri donni vusiru scinniri ’nti stu suttirraniu e accumminzaru a camminari. ’Nti sti cammari cc’era lu lazzu ppi nun si pirdirisi nuddu, e li donni cu na manu jiavnu tininnu lu lazzu, e cu l’autra jivanu tininnu la cannila. Mentri ca taliavanu na cosa, un sacciu socch’era, ardiru lu spacu, e si pirsiru a mizzu li cammari, senza putiri nnesciri cchiù; e pir chissà misiru a li tri donni lu nnomu di li tri donni marcia e bbinni , pirchì caminavanu e cci abbinni stu fattu”. In altri racconti popolari v’è la variante che le donne nell’entrare nel castello legarono il bando d’un gomitolo di lana al battente del portone d’ingresso ed un malintenzionato lo recise facendo perdere così le tre donne nei sotterranei.
“Il lieto fine della giornata – conclude il dr. Gianluca Micciché – non è stato solo il ritrovamento delle “Tre donne” vestite in costume e nascoste nei vicoli adiacenti alla piazza, ma al desiderio di un bambino che alla domanda se si fosse divertito, ha risposto che il suo desiderio più grande è quello di poter vedere il nostro Castello ricostruito com’era una volta; con l’auspicio che il desiderio del bambino, che è il desiderio di tutti i pietrini, possa un giorno realizzarsi”.
Giuseppe Carà