Grest sulla
storia medioevale
I GRUPPI
IN ATTIVITA' DI LABORATORIO
PIETRAPERZIA. “ArcheoGrest,
la caccia al tesoro”. È questo il titolo della manifestazione organizzata dalla
sezione pietrina dell’Archeoclub in collaborazione con il Grest
interparrocchiale “Per di qua…” delle parrocchie Chiesa Madre e Madonna delle
Grazie. I 140 ragazzi, guidati dai circa 25 animatori si sono ritrovati,
mercoledì 20 luglio alle ore 18, in piazza Vittorio Emanuele per trascorrere
insieme ai soci dell’Archeoclub un pomeriggio all’insegna della cultura e della
storia locale. In particolare l’attenzione si è focalizzata sul periodo
medievale della cittadina di Pietraperzia, della storia e delle leggende legate
alla vita del castello Barresi. Ognuno dei partecipanti, attraverso il gioco,
ha potuto imparare qualcosa.
Dopo
una introduzione del Segretario dell’Archeoclub Gianluca Micciché, hanno avuto
inizio i sette giochi che hanno coinvolto l’intera piazza; giochi quasi tutti
inerenti la scoperta dello stile di vita che si svolgeva all’interno di un
castello medievale. L’ultimo gioco riguardava la caccia alle cosiddette “tre
donne marcia e bbinni”; si tratta di una delle più note leggende conosciute in
paese. Questo racconto, tra storia e leggenda, è il caso proprio di dire “ si
cunta e ssi rraccunta…”. La storia di queste tre sventurate donne, a dire della
studiosa Veronica Riccobene, fu un fatto realmente accaduto durante il regno di
Federico II di Svevia (1194-1250), ma si svolse a Palermo e non a Pietraperzia.
Ma un illustre cittadino pietrino, Antonio Tortorici, raccontò così il fatto
delle “tri donni marcia e binni”: “A Pietraperzia cc’è un castiddu anticu, ca
’u fabbricaru li Saracini. Sutta lu castiddu cci sunu tanti cammari quantu li
jorna di l’annu. Na vota tri donni vusiru scinniri ’nti stu suttirraniu e
accumminzaru a camminari. ’Nti sti cammari cc’era lu lazzu ppi nun si pirdirisi
nuddu, e li donni cu na manu jiavnu tininnu lu lazzu, e cu l’autra jivanu
tininnu la cannila. Mentri ca taliavanu na cosa, un sacciu socch’era, ardiru lu
spacu, e si pirsiru a mizzu li cammari, senza putiri nnesciri cchiù; e pir
chissà misiru a li tri donni lu nnomu di li tri donni marcia e bbinni , pirchì
caminavanu e cci abbinni stu fattu”. In altri racconti popolari v’è la variante
che le donne nell’entrare nel castello legarono il bando d’un gomitolo di lana
al battente del portone d’ingresso ed un malintenzionato lo recise facendo
perdere così le tre donne nei sotterranei.
“Il lieto fine della giornata
– conclude il dr. Gianluca Micciché – non è stato solo il ritrovamento delle
“Tre donne” vestite in costume e nascoste nei vicoli adiacenti alla piazza, ma
al desiderio di un bambino che alla domanda se si fosse divertito, ha risposto
che il suo desiderio più grande è quello di poter vedere il nostro Castello
ricostruito com’era una volta; con l’auspicio che il desiderio del bambino, che
è il desiderio di tutti i pietrini, possa un giorno realizzarsi”.
Giuseppe Carà