Vestizione di Aniello Satta nella comnfraternita di Maria Santissima del Soccorso
I CONFRATI CON IL VESCOVO ROSARIO GISANA E CON IL RETTOREGIUSEPPE RABITA
PIETRAPERZIA. Cerimonia di vestizione dei nuovi
confrati per la Confraternita Maria SS. del Soccorso che ha la sua sede nella
chiesa omonima, volgarmente detta del Carmine. Nella festa della Natività di
Maria, che si celebra l’8 settembre, ma che è venerata anche con il titolo di
Madonna del Soccorso, è consuetudine che la famiglia confraternale accolga i
confrati professi e i novizi. Dalle mani del Governatore, Giuseppe Maddalena,
ha ricevuto il tipico abito, costituito da camice e cappuccio bianco e
mantellina azzurra il giovane Aniello Satta. I padrini che hanno accompagnato
la vestizione sono stati Enzo Spampinato e Filippo Similia. Tra i novizi è
stato ammesso Michele Puzzo. Portano così a 81 il numero dei confrati della
confraternita che è anche gelosa custode della tradizione di “Lu Signuri di li
Fasci”, processione molto sentita dalla popolazione pietrina e dai tantissimi
visitatori e turisti che giungono a Pietraperzia in occasione del Venerdì
Santo.
La cerimonia è stata
preceduta da un triduo di predicazione presieduto dal rettore e assistente
della confraternita il parroco don Giuseppe Rabita che ha sottolineato nelle
sue omelia i valori e la spiritualità che debbono animare i membri della
confraternita.
La devozione alla Madonna del
Soccorso fu portata a Pietraperzia, ad opera dei padri Agostiniani che vi
edificarono una Chiesa con l’annesso convento dedicandola alla Madonna del
Soccorso. In seno a questa comunità monastica nacque e si accrebbe la
Confraternita sotto il titolo della Madonna del Soccorso probabilmente nel XVI
secolo. Successivamente ad essa si aggregò la Confraternita degli Agonizzanti,
con la fusione dei due titoli. Scopo principale
della confraternita era di portare aiuto
ai bisognosi, di confortare i moribondi e di accompagnarli nel loro
ultimo viaggio terreno ed infine di seppellirli. Essa poteva ricevere lasciti e
donazioni, con le quali rendite sorteggiava ogni anno le doti alle orfane
figlie di confrati nel giorno della festività della Patrona della Confraternita
l’otto di settembre.
Fino al dopo guerra curò la
“ruota”, luogo annesso alla chiesa Carmine dove venivano lasciati i bambini
abbandonati, ed inoltre partecipò col 50% dei capitali, alla fondazione
dell’ospedale.
Giuseppe Carà