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sabato 14 aprile 2018

14 Aprile 2018 Sabato “Signore, aiutami” Il Placido Don Pino Carà


14 Aprile 2018 Sabato
“Signore, aiutami”
Il Placido Don Pino Carà
Segni certi della vera Croce di Cristo: la serenità, un profondo senso di pace, un amore disposto a qualunque sacrificio, un'efficacia grande che sgorga dal Costato stesso di Gesù, e sempre — in modo evidente — la gioia: una gioia che proviene dal sapere che chi si dona davvero è vicino alla Croce e, di conseguenza, è vicino a nostro Signore. (Forgia, 772)
Se volete accettare l'esperienza di un povero sacerdote che non ha altra pretesa che di parlare di Dio, vi consiglio, quando la carne vuole recuperare i privilegi perduti, o la superbia — il che è ancora peggio — si ribella e si impunta, di affrettarvi a trovare rifugio nelle divine fenditure che, nel Corpo di Cristo, hanno aperto i chiodi che lo confissero al legno della Croce e la lancia che gli trapassò il petto. Andateci nel modo che più vi commuova: riversate nelle Piaghe del Signore tutto l'amore umano... e tutto l'amore divino. Questo è bramare l'unione, sentirsi fratelli di Cristo, suoi consanguinei, figli della stessa Madre, perché è Lei a condurci a Gesù.
Desiderio di adorazione, ansia di riparazione in soave quiete e nella sofferenza. Diventerà vita della vostra vita l'affermazione di Gesù: Chi non prende la sua croce e mi segue, non è degno di me [Mt 10, 38]. E il Signore si dimostra sempre più esigente, ci chiede riparazione e penitenza, fino a spingerci a sperimentare il fervido anelito di voler vivere per Iddio, inchiodati sulla Croce insieme a Cristo [Cfr Gal 2, 19]. Ma questo tesoro lo portiamo in vasi d'argilla, fragili e caduchi, affinché si riconosca che la straordinaria sua forza è di Dio e non viene da noi [2 Cor 4, 7].
In tutto siamo tribolati, senza però essere ridotti agli estremi; angustiati senza essere disperati o privi di risorse; perseguitati ma non abbandonati; abbattuti ma non perduti; sempre portiamo con noi rappresentata nel nostro corpo la morte di Gesù [2 Cor 4, 8-10].
Immaginiamo perfino che il Signore non ci ascolti, che ci stiamo ingannando, che si oda soltanto il monologo della nostra voce. Ci troviamo come senza appoggio sulla terra e abbandonati dal Cielo. Però il nostro orrore al peccato, anche veniale, è vero e concreto. Con l'ostinazione della cananea, ci prostriamo umilmente come lei, che lo adorò implorando: Signore, aiutami [Mt 15, 25]. Allora scomparirà la tenebra, vinta dalla luce dell'Amore.
(Amici di Dio, nn. 303-304)