9 Aprile 2018 Lunedì
“Non ricusiamo il dovere
di vivere”
Il Placido Don Pino Carà
Papa Francesco
Rimanesti molto serio,
mentre mi ascoltavi: accetto la morte quando Egli voglia, come Egli voglia,
dove Egli voglia; e allo stesso tempo penso che sia “una comodità” il morire
presto, perché dobbiamo desiderare di lavorare molti anni per Lui, e, con Lui,
al servizio degli altri. (Forgia, 1039) Vi libererò dalla schiavitù, in
qualunque luogo siate dispersi [Ger 29, 14]. Ci liberiamo dalla schiavitù,
per mezzo dell'orazione: siamo e ci sentiamo liberi, sulle ali di un cantico
d'anima innamorata, un canto d'amore che ci sprona a desiderare di non
separarci da Dio. E un modo nuovo di camminare sulla terra, un modo
soprannaturale, divino, meraviglioso.
Ricordando tanti
scrittori castigliani del Cinquecento, forse anche noi vorremmo assaporarne
l'esperienza: vivo perché non vivo, è Cristo che vive in me [Cfr Gal 2, 20].
Si accoglie allora con
gioia il dovere di lavorare in questo mondo, e per molti anni, perché Gesù ha
pochi amici sulla terra. Non ricusiamo il dovere di vivere, di spenderci —
spremuti ben bene — al servizio di Dio e della Chiesa. Così: in libertà, in libertatem
gloriae filiorum Dei [Rm 8, 21], qua liberiate Christus nos liberavit
[Gal 4, 31]; con la libertà dei figli di Dio, che Cristo ci ha guadagnato
morendo sul legno della Croce.
Può darsi che, fin dal
principio, si alzino nuvole di polvere, e anche che i nemici della nostra
santificazione impieghino una tecnica di terrorismo psicologico — di abuso di
potere — così violenta e ben orchestrata, da attirare nella loro assurda
direzione perfino chi, per molto tempo, ha mantenuto ben altra condotta, più
logica e più retta. E benché la loro voce dia un suono da campana fessa, perché
non è fusa in buon metallo ed è ben diversa dal richiamo del pastore, abusano
della parola che è uno dei doni più preziosi che l'uomo abbia ricevuto da Dio,
dono bellissimo per esprimere alti pensieri d'amore e di amicizia per il
Signore e per le sue creature, al punto da far intendere il motivo per cui san
Giacomo afferma che la lingua è un mondo d'iniquità [Gc 3, 6]. I danni che può
produrre sono tanti: menzogne, denigrazioni, diffamazioni, soperchierie,
insulti, mormorazioni tendenziose. (Amici di Dio, nn. 297-298)