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martedì 7 dicembre 2010

Il saggio sa di essere stupido, (aforisma) Di Nicoletta

Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio.

(WILLIAM SHAKESPEARE
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Questa  arguta affermazione di William Shakespeare fa riferimento alla conoscenza di se stessi , in quanto esseri raziocinanti ed ai propri limiti.
Per cultura si intende una specializzazione nel campo della conoscenza, relativa ad una pista di lavoro.
Esiste una notevole differenza tra cultura ed erudizione.
La definizione dell' Unesco considera la cultura come "una serie di caratteristiche specifiche di una società o di un gruppo sociale in termini spirituali, materiali, intellettuali ed emozionali".
L’erudizione, in senso deteriore, è un sapere inerte, sterile, settoriale. Consiste nel possedere una grande quantità di nozioni non criticamente approfondite, per questo il temine viene utilizzato con una spiccata connotazione negativa. Come osserva correttamente, a mio parere, lo  scrittore portoghese Pessoa, in Maschere e paradossi, “mentre l’erudizione è una questione di quantità, la cultura è una questione di qualità”. La prima resta alla superficie, la seconda approfondisce. “In fondo, la distinzione reale consiste nel fatto che l’erudito non ha immaginazione, a differenza dell’ uomo colto”.
La persona erudita registra molte informazioni, la persona colta non solo le registra, ma le sa anche collegare, confrontare e interpretare, con spirito critico.
 
Inoltre la persona di cultura, solitamente, é una persona modesta , cosciente dei propri limiti, mentre l' erudito è tronfio, superbo, magniloquente.
La cultura, poi, non é fine a se stessa, ma ha una dimensione antropologica per la maturazione degli individui.
La vera cultura rende l' uomo umile e disponibile verso gli altri , ad impiegare le sue conoscenze per il progresso dell' umanità.
Il Cardinale Niccolò Cusano, nella sua opera "De docta ignorantia", ribadisce che maggiormente si cresce nella conoscenza, più si acquista coscienza dei propri limiti .
La gnoseologia, ossia la teoria della conoscenza, di Niccolò Cusano si fonda sull' idea che la possibilità di conoscenza si basa sulla proporzione fra noto e ignoto. Ciò è esposto chiaramente nella sua opera del 1440  appunto "la dotta ignoranza", espressione già usata da Sant' Agostino  e con cui s' intende che quanto si conosce, lo si conosce solo mettendolo in relazione con ciò che non si conosce, ma questo diventa possibile solo quando la cosa ignota, che non si conosce, abbia un minimo a che fare con ciò che già si conosce. La posizione della "dotta ignoranza" è l' unica che si può prendere di fronte a Dio, quale Essere perfetto e infinito, inattingibile alla possibilità di conoscenza di esseri imperfetti e finiti, ossia  gli uomini.  Cusano afferma che sapiente non è colui che possiede la verità, ma colui che conosce la propria ignoranza, ed è quindi consapevole dei propri limiti; non si può infatti essere consci della propria ignoranza senza avere già parzialmente o inconsciamente intravisto cos'è che non si sa; viceversa, l'ignorante assoluto non ha neppure coscienza della propria ignoranza. Cusano si riallaccia alla tradizione del Platonismo cristiano,  ma rielabora a suo modo tali antichi concetti.Quindi egli riprende Socrate nell' affermare che bisogna "sapere di non sapere", e tale è l' unico modo umano possibile per pensare a Dio. Tale sapere di non sapere, però, non è una semplice ignoranza, ma è la più alta sapienza dell'uomo, che riconoscendo la sua totale insipienza, e ma impegnandosi nel tentare in ogni caso,  di approssimarsi a Dio, può trasformare questa sua ignoranza in dotta ignoranza. La vera conoscenza di Dio, e dunque la vera nobiltà intellettuale, è avvicinarsi indefinitamente a Dio, cioè alla Verità, non per gradi, poiché sarebbe impossibile dar dei gradi all' infinito, ma in un perpetuo ed unico sforzo che dalla totale ignoranza ci porta alla totale conoscenza , ossia a Dio. 

Nicoletta Nonna 


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Padre nostro, fa' che amiamo questo nostro tempo
                       e vi leggiamo sempre i segni del Tuo Amore.