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venerdì 9 dicembre 2011

QUERELLE TRA CATERVA O CATEVA. DIALETTICA CULMONE - MAROTTA

Il toponimo Caterva


IL PROFESSOR
 GIOVANNI CULMONE



PIETRAPERZIA. L’Accademia Cauloniana, che pubblica il periodico “Pietraperzia” e che vanta filologi di chiara fama tra cui il presidente Filippo Marotta ha annunziato l’iniziativa della raccolta di firme affinché “Via Caterva” venga corretto in “ Via Cateva”, perché questo toponimo deriva dal greco “chatevos” e significa “Locale sottostante”. Si vuole coinvolgere il sindaco Vincenzo Emma, la giunta comunale ed il consiglio comunale.
La tesi dei Cauloniani  viene suffragata dal fatto che in vernacolo in forma generalizzata si usa “Cateva”.
       Per lasciare lo “Status Quo” ossia tutto immutato, sono il parroco Giuseppe Rabita ed il professore Giovanni Culmone che ha curato l’informatizzazione dell’archivio parrocchiale che va dagli inizi del mille e 500.
       Padre Rabita afferma: “Non bisogna cambiare niente perché in Italiano è “Caterva” ed in vernacolo “Cateva”.
Ai filologi si oppone la tesi storica del professor Giovanni Culmone che afferma che il toponimo che la storia ci tramanda è “Caterva”. “Sullo spinoso ed appassionato problema l’esimio professore scrive: “Caterva è l’unico toponimo riscontrato nell’archivio della parrocchia Santa  Maria Maggiore di Pietraperzia. La Caterva era la cripta della “Chiesa ch’esisteva” e forse fin dalla sua origine fu adibita solamente a luogo di culto. La scritta s’incontra per la prima volta nell’atto funerario del 26 Novembre del 1602 del registro delle sepolture con la semplice dicitura “fu sepulto Gaspano Tabita alla Caterva”, sepoltura di gran prestigio per essere unica in quella cripta. In qualche documento, di seguito allegato, si riscontra grafia non tanto curata e scarsa cultura dell’amanuense, ma il dubbio che ne potrebbe derivare nell’interpretare l’esatta scrittura, viene spazzato via dalla chiarezza inequivocabile degli altri atti e dei documenti ufficiali. I 202 anni trascorsi, per riscontrare una seconda sepoltura nello stesso sito, testimoniano che la Caterva era adibita esclusivamente a luogo di culto e/o di preghiera. Dai documenti a seguire si trova conferma che la Caterva era l’Oratorio della chiesa “ch’esisteva” ed è rimasta Oratorio della parrocchia anche dopo la realizzazione di questa monumentale chiesa Santa Maria Maggiore. Proprio qui, alla sepoltura di religiosi, fu riservata la cripta, che s’incontra entrando dalla porta di sinistra, evidenziata da una grossa botola a terra, l’ingresso, e da un bassorilievo a pavimento con tiara e chiavi, simboli dell’ordine sacro. Dopo il rito funebre, se si trattava di sacerdote, il corpo veniva inumato nella cripta riservata, se di laico, veniva destinato all’oratorio. (nessun laico risulta mai essere stato sepolto nella cripta risevata). Nella redazione di ogni atto funerario generalmente si scriveva: sepolto in questa Venerabile Madrice Chiesa e raramente si riportava la dicitura come di seguito trascritta: sepolto alla Caterva”.
Don Pino Carà