Il
toponimo Caterva
GIOVANNI CULMONE
PIETRAPERZIA. L’Accademia
Cauloniana, che pubblica il periodico “Pietraperzia” e che vanta filologi di
chiara fama tra cui il presidente Filippo Marotta ha annunziato l’iniziativa
della raccolta di firme affinché “Via Caterva” venga corretto in “ Via Cateva”,
perché questo toponimo deriva dal greco “chatevos” e significa “Locale
sottostante”. Si vuole coinvolgere il sindaco Vincenzo Emma, la giunta comunale
ed il consiglio comunale.
La tesi dei Cauloniani
viene suffragata dal fatto che in vernacolo in forma generalizzata si usa
“Cateva”.
Per lasciare lo “Status Quo” ossia tutto immutato, sono il parroco Giuseppe
Rabita ed il professore Giovanni Culmone che ha curato l’informatizzazione
dell’archivio parrocchiale che va dagli inizi del mille e 500.
Padre Rabita afferma: “Non bisogna cambiare niente perché in Italiano è
“Caterva” ed in vernacolo “Cateva”.
Ai filologi si oppone la tesi storica del professor Giovanni Culmone che
afferma che il toponimo che la storia ci tramanda è “Caterva”. “Sullo spinoso
ed appassionato problema l’esimio professore scrive: “Caterva è l’unico
toponimo riscontrato nell’archivio della parrocchia Santa Maria
Maggiore di Pietraperzia. La Caterva era la cripta della “Chiesa ch’esisteva”
e forse fin dalla sua origine fu adibita solamente a luogo di culto. La
scritta s’incontra per la prima volta nell’atto funerario del 26 Novembre del
1602 del registro delle sepolture con la semplice dicitura “fu sepulto
Gaspano Tabita alla Caterva”, sepoltura di gran prestigio per essere unica in
quella cripta. In qualche documento, di seguito allegato, si riscontra grafia
non tanto curata e scarsa cultura dell’amanuense, ma il dubbio che ne
potrebbe derivare nell’interpretare l’esatta scrittura, viene spazzato via
dalla chiarezza inequivocabile degli altri atti e dei documenti ufficiali. I
202 anni trascorsi, per riscontrare una seconda sepoltura nello stesso sito,
testimoniano che la Caterva era adibita esclusivamente a luogo di culto e/o
di preghiera. Dai documenti a seguire si trova conferma che la Caterva era
l’Oratorio della chiesa “ch’esisteva” ed è rimasta Oratorio della parrocchia
anche dopo la realizzazione di questa monumentale chiesa Santa Maria
Maggiore. Proprio qui, alla sepoltura di religiosi, fu riservata la cripta,
che s’incontra entrando dalla porta di sinistra, evidenziata da una grossa
botola a terra, l’ingresso, e da un bassorilievo a pavimento con tiara e
chiavi, simboli dell’ordine sacro. Dopo il rito funebre, se si trattava di
sacerdote, il corpo veniva inumato nella cripta riservata, se di laico,
veniva destinato all’oratorio. (nessun laico risulta mai essere stato sepolto
nella cripta risevata). Nella redazione di ogni atto funerario generalmente
si scriveva: sepolto in questa Venerabile Madrice Chiesa e raramente si
riportava la dicitura come di seguito trascritta: sepolto alla Caterva”.
Don Pino Carà
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