“ AVARUS IPSE MISERIAE CAUSA EST SUAE “.
(Publio Siro)
LO STESSO AVARO E' CAUSA DELLA SUA STESSA INFELICITA'
L'ANTROPOLOGA
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L’
avaro sostituisce il Dio Trino con il dio quattrino
Don
Pino
Per
quanto riguarda la vita di Publio Siro ci sono state tramandate, come del resto
in altri casi, poche informazioni: probabilmente originario dell'Antiochia, fu
prima schiavo poi liberto; visse nel I sec. a. C., negli anni che videro
la Repubblica diventare un principato, fu contemporaneo di Cesare, Ottaviano,
Marco Antonio, Virgilio , Orazio e Cicerone. Fu quello uno dei periodi più
fiorenti della letteratura latina. Della sua produzione rimangono una
raccolta di aforismi e citazioni, le “Sententiae”.
Tale aforisma ha come nucleo centrale quello
dell'avaro e della sua stessa infelicità.
L’avarizia non fa parte di nessun manuale
"diagnostico", eppure, da sempre, è considerata un male, un vizio
capitale. Più che un male della psiche è un male dello spirito, un’incapacità
di ampio respiro da parte dell'anima.
Il cuore dell’avaro è freddo e difficilmente viene scaldato dagli eventi della vita, i quali vengono affrontati esclusivamente attraverso una loro contabilizzazione in termini economici.
Il cuore dell’avaro è freddo e difficilmente viene scaldato dagli eventi della vita, i quali vengono affrontati esclusivamente attraverso una loro contabilizzazione in termini economici.
Così ogni elemento viene monetizzato e trasformato nel suo equivalente
in denaro: quanto costa avere un figlio? Quanto costa sposarsi? Quanto costa
ammalarsi? Quanto costa vivere?
L’avaro è una figura ormai consolidata della cultura, basti pensare all’Avaro di Moliere.
Per cercare l’avarizia dobbiamo osservare dentro di noi quei pensieri in cui associamo felicità e benessere materiale.
L’avaro è una figura ormai consolidata della cultura, basti pensare all’Avaro di Moliere.
Per cercare l’avarizia dobbiamo osservare dentro di noi quei pensieri in cui associamo felicità e benessere materiale.
L’avarizia ci aiuta ad osservare un errore
frequente, ormai diventato un luogo comune: quello di ritenere che la felicità
possa essere acquistata o posseduta per sempre. L’illusione del denaro è quella
che esso possa fornire o acquistare ciò di cui più profondamente abbiamo
bisogno. La maggior parte delle persone sanno bene che l’equazione
denaro=felicità è sbagliata, ma ,nondimeno, difficilmente sfuggono dal metterla
in pratica. Nel film “Gandhi”, mentre egli realizza autonomamente i propri
abiti ruotando lentamente un telaio, il Mahatma afferma: “I miei collaboratori
non fanno altro che ripetermi quanto costa loro la mia vita di povertà”.
Per quanto concerne il Cristianesimo, l'avarizia é un peccato molto
grave, uno dei sette vizi capitali. Il Vangelo insegna la povertà, la
condivisione, la solidarietà, la caducità dei beni materiali. Cristo
stesso chiede ai Suoi discepoli di rinunciare a tutti i loro possedimenti
terreni, di lasciarsi dietro ogni cosa e di seguirlo. Egli non vuole che nulla
si frapponga al discepolato. In Luca cap. 12 Gesù comanda ai farisei : “Vendete
i vostri beni e dateli in elemosina; fatevi delle borse che non
invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove il ladro non giunge e la
tignola non rode”.
Gesù sfida al cuore stesso “il giovane ricco.”
Egli dice: “Se vuoi ereditare il regno, allora va, vendi tutto quello
che possiedi, e dallo ai poveri” (Lc 18:22). Questo episodio non termina
con una nota felice. L’uomo non si converte. Se ne scivola via, insoddisfatto,
perché possedeva molto e non se ne voleva certo privare. Amava troppo quel che
aveva per lasciare tutto. Se ne va allora tutto triste, perché aveva molte
ricchezze. Preferisce rinunciare alla propria vita eterna perché amava troppo
le cose di questo mondo. L’avidità è idolatria, e gli costa la vita stessa.
Anche a noi può costarci la Vita eterna se non mettiamo in pratica gli
insegnamenti evangelici e la Parola di Dio.
Nicoletta Nonna