PIETRAPERZIA. Anche
Pietraperzia onora la martire siciliana Santa Lucia con manifestazioni che
affondano le radici nell’antica tradizione regionale, legata soprattutto alla
tipica pietanza detta “Cuccìa”. La festa si svolge nell’antico quartiere
Terruccia ma coinvolge l’intera cittadina. La parrocchia matrice, in
collaborazione con il comune, ha organizzato i festeggiamenti con un triduo di
preparazione nella Chiesa dello Spirito Santo, celebrato a partire dal 10
dicembre. Il sabato 12 però non è prevista alcuna celebrazione in quanto da
tutta la diocesi si converrà a Piazza Armerina dove alle 16,30 avrà inizio la
cerimonia di apertura della Porta Santa giubilare nella Basilica Cattedrale. Il
giorno 13, che quest’anno coincide con la domenica, dopo lo sparo di bombe a cannone,
saranno celebrate le sante messe: alle 9 e alle 10,30. Al termine il simulacro
della vergine siracusana verrà portato in processione in Chiesa Madre dove sarà
celebrata la messa solenne alle ore 18. Seguirà la processione per le vie
cittadine accompagnata dalla banda musicale. Al rientro il simulacro della
Santa si fermerà nel piazzale della Chiesa dello Spirito Santo dove i confrati
di Maria SS. del Soccorso allestiranno
degli stand per la degustazione della Cuccìa che sarà offerta
gratuitamente. La serata prevede anche la rottura delle cosiddette
“Pignateddi”, l’albero della cuccagna con ricchi premi e l’animazione musicale
di Salvatore Legname. Un sorteggio e uno spettacolo pirotecnico concluderà la
serata.
La cuccìa è un dolce tipico
siciliano, a base di grano bollito e ricotta di pecora o crema di latte bianca
o al cioccolato. Viene guarnito con zuccata, cannella e pezzetti di cioccolato,
ed è tradizionalmente preparato e consumato in occasione della festa di Santa
Lucia. È una tradizione in particolare del palermitano e del siracusano, ma
diffusa in tutta la Sicilia. A
Pietraperzia viene preparata in casa in modo semplice con l’aggiunta di sale e
ceci. Particolarmente apprezzata quella preparata dai confrati che, grazie alla
fornitura della ditta Bongiovanni di Mazzarino, è arrivata a confezionarne
oltre un quintale.
Secondo
la tradizione il 13 dicembre del 1646 approdò nel porto di Palermo una nave
carica di grano, che pose fine ad una grave carestia. Per poterlo consumare
immediatamente il grano non venne macinato, ma bollito e mangiato. Per
ricordare quel giorno, i siciliani tradizionalmente non consumano cibo a base
di farina, ma cuccìa ed arancini.
Giuseppe
Carà