MESSAGGIO DI DON PINO RABITA
PARROCO GIUSEPPE RABITA
Come uomo di fede mi sono chiesto spesso che senso avessero
feste come queste che dal punto di vista religioso sembra non producano nessuna
crescita spirituale.
Anche se è difficile rispondere a questa domanda vero però,
che le nostre feste esprimono la nostra identità di pietrini. Di questi tempi
non possiamo spendere molto denaro per fare le feste, e una certa sobrietà è
opportuna, però dobbiamo stare attenti a non farle perdere, specialmente questa
festa di S. Giuseppe, perché gli elevati costi della organizzazione ci fanno
rischiare ogni anno di non poterla effettuare.
Quale messaggio ci viene dalla festa di S. Giuseppe? mi
permetto di sottolineare questo aspetto:
San Giuseppe, insieme con la sua sposa e il bambino suo
figlio, ha provato l’amarezza dell’esilio. Ha dovuto fuggire dalla sua patria
perché il potente di turno, Erode, temendo di perdere il potere a cui era
morbosamente legato, voleva uccidere il bambino.
La storia si ripete: anche oggi uomini e donne fuggono dalla
persecuzione, dalla miseria e dalla schiavitù. Chiedono agli uomini e alle
donne del nostro continente accoglienza e lavoro.
In questi giorni si è diffusa la voce che a Pietraperzia
dovrebbero essere ospitati presso la Delegazione 50 persone richiedenti asilo.
Mi ha colpito l’allarme che si è ingenerato anche tra i cristiani: “Adesso
dobbiamo temere per i nostri figli che potrebbero essere rapiti, le nostre
figlie violentate, verranno a
rubarci il lavoro”. Mi sono chiesto: “Ma, siamo in Sicilia o
nella Padania leghista?”. Non sono i neri che stanno venendo ad invaderci, ma
uomini e donne che bussano alla porta della nostra generosità e capacità di
accoglienza. Ricordiamoci l’esempio dei Lampedusani! Che vale celebrare la
festa di S. Giuseppe e poi esprimersi con il più ottuso razzismo. Se San
Giuseppe e la S. Famiglia fossero fuggiti a Pietraperzia, avrebbero trovato
accoglienza? Mi viene qualche dubbio! Se ragioniamo così non abbiamo capito
nulla né di cristianesimo, né di che significa essere uomini. Come credente
vorrei far mio l’invito che il vescovo di Agrigento ha rivolto agli abitanti di
Lampedusa: “questa esperienza diventi per tutti l’occasione per rinnovare
l’impegno
ad essere una comunità unita, fantasiosa nel realizzare il
bene e nel promuoverlo, coraggiosa di fronte agli appuntamenti della storia e
gioiosa nell’annuncio del Vangelo”.
San Giuseppe 2014