Piazza Vittorio Emanuele perde la sua dimensione antropologica.
La Piazza di 30 anni fa
La Piazza OraPiazza Vittorio Emanuele perde la sua dimensione antropologica.
Pietraperzia.
“Piazza Vittorio Emanuele, l’antica agorà del paese, - dichiara il
presidente dell’Archeoclub Andrea Rapisardi – ha perduto la sua
dimensione antropologica che l’hanno caratterizzata nel divenir dei
secoli. Nella prima mattinata era punto di riferimento per coloro
andavano a lavoro e vi erano centinaia di persona, mentre ora vi sono
pochissime persone e tra questi quello delle pompe funebre, che prende
atto di coloro che sono passati a miglior vita e si attiva per
notificare la notizia agli enti preposti e quindi dà l’avviso al
sacrista, affinché suoni “l’agonia” dell’avvenuto trapasso. In Piazza vi
era efficiente l’antico convento di Santa Maria, l’albergo
Attanasio, due locande per forestieri di passaggio e qualche punto di
ristoro. Vi erano anche due banche di cui una ha chiuso i battenti”.
“Nel
prosieguo della giornata prosegue il presidente Rapisardi – vi sono
persone solamente che devono andare in banca oppure per qualche
consumazione al bar. Nel primo pomeriggio alle 14 vi sono alcuni
muratori che prendono il caffè al bar prima di andare a lavoro e poi nel
prosieguo della giornata vi è qualche sporadica presenza. Dopo le venti la Piazza ritorna ad essere deserta”.
“Questo fenomeno – conclude Andrea Rapisardi – è irreversibile; è
segno che il paese ha perduto la sua dimensione economica ed dà segni
gravi di spegnimento. L’attività imprenditoriale è ridotto a zero; anche
perché sono stati assestati colpi mortali all’agricoltura ed
all’edilizia. Anche le pompe funebre lamentano mancanze di moria e
secondo un loro calcolo da una media di 130 decessi annuali si passati a
90. Encomiabili le iniziative del sindaco Emma, che sta combattendo la
battaglia della svolta, con iniziative di vario genere”.
La
Piazza torna a popolarsi soltanto quando escono le persone della messa
di Santa Maria, specie la domenica in cui partecipano centinaia di
persone e c’è un “fuggi fuggi” con le macchine per tornare alle loro
case”.
Don PinoCarà